Ugo la tocca piano.
Ma la vera domanda è: avere un buon equilibrio tra vita privata e lavorativa è possibile?
Secondo i dati elaborati dall’Ocse, per molti di noi questo sarebbe solo un sogno: in Italia lavoriamo circa 1669 ore all’anno, rispetto a una media europea di 1566.
Lavorare è una parte importante della nostra vita: ottenere ottimi risultati ci fa sentire appagati e stimola la nostra creatività , ma allo stesso tempo è necessario ritagliarsi del tempo per sé, così da non finire risucchiati dal vortice di stress, ansie e stanchezza che la costante pressione sul posto di lavoro può provocare.
La pandemia ha fatto emergere una soluzione utile per bilanciare impiego e vita privata: lo smart working.
Questa però è stata solo una breve parentesi per molte persone, perché nonostante sia fortemente apprezzato dai lavoratori, il ritorno alla normalità e alla quotidianità ha rappresentato, soprattutto per i settori della pubblica amministrazione e per le piccole
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“L’Italia è il Paese più bello al mondo†(cit.)
E allora perché le persone, soprattutto i giovani, se ne vanno?
Anni di politiche in favore del precariato e di culture aziendali tossiche hanno fatto sì che oggi in Italia il 54% dei lavoratori trentenni sia pagato meno di 7 euro l’ora (dati Federconsumatori), mentre il 39,7% dei giovani lavoratori tra i 15 e i 34 anni non abbia un contratto stabile (dati Censis).
Inoltre, secondo l’Eurostat il nostro è il secondo Paese in Unione europea per percentuale di giovani che non studiano e non lavorano: sono il 19% contro una media europea dell’11,7%.
Negli ultimi anni poi anche l’inflazione ha colpito tantissimi settori a iniziare da quello immobiliare: come riportato da Idealista, a luglio di quest’anno il costo degli affitti ha raggiunto la cifra record di 13,5 euro\mq*.
Con una situazione del genere non stupiscono certi dati come quelli elaborati dalla Fondazione Leone Moressa: solo nel 2020 su 2,6 milioni di la
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Avete presente quando vi dicono “fate i sacrifici che poi avrete successo?â€
Ma per i giovani oggi in Italia è più difficile: il 43% dei giovani under 35 guadagna meno di 1000 euro al mese e la disoccupazione giovanile è al 22,1%. Anche i costi della vita sono in aumento.
Gli affitti medi per una stanza a Milano sono di 620 euro (con picchi di 1000 euro), a Roma e Bologna 500 euro e anche le spese quotidiane sono aumentate.
Fare sacrifici non garantisce più una buona carriera e una vita dignitosa. Ci si può ritrovare a lavorare sottopagati per anni, ottenendo poco in cambio.
E così mentre da piccoli sognavamo di diventare grandi per poter essere economicamente indipendenti e comprarci tutto quello che volevamo, ci ritroviamo spesso come Ugo a cercare il formaggio in offerta al supermercato.
Post in collaborazione legolize × factanza
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L’Italia non è un paese per giovani.
A confermarlo sono report e statistiche che mostrano come nel nostro Paese quella dei giovani sia una della categorie più a rischio povertà .
Per esempio l’ultimo Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale del 2023 ci mostra come il lavoro in Italia sia diventato sempre più precario e mal pagato, specialmente per i giovani.
Quasi il 40% dei lavoratori under 35, infatti, è assunto tramite forme contrattuali non standard, come tempo determinato, collaborazioni o part-time non richiesto.
Queste situazioni generano stress e frustrazione che trasformano il posto di lavoro in un ambiente dove è ormai un miraggio trovare serenità , gratificazione e stimoli.
Intanto, però, molti datori di lavoro continuano a dichiarare che il problema sono i giovani che non hanno voglia di fare niente, non hanno il senso del sacrificio, mentre loro alla loro età “già si spaccavano la schienaâ€.
E se la soluzione non fosse continuare ad accetta
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Il riscaldamento globale non esiste, parola di Facebook.
I social network, nonostante abbiano reso l’informazione più accessibile e democratica, hanno alimentato il fenomeno delle fake news, rendendo sempre più complesso distinguere le notizie affidabili da quelle fuorvianti o errate.
Tra negazionismo e interpretazione errata dei fenomeni naturali, uno dei temi su cui circolano più bufale è proprio il cambiamento climatico.
Molte persone, quando si parla di riscaldamento globale, tendono a negarne l'esistenza o a sottovalutare il problema, pensando che qualche grado in più non sia poi un grande disastro o che un paio di temporali possano risolvere il problema della siccità .
Secondo Legambiente solo nel 2022 in Italia si sono verificati 104 allagamenti da piogge intense e 81 danni da trombe d’aria. Questi numeri, insieme alle recenti alluvioni che hanno colpito Marche ed Emilia Romagna, dovrebbero spingerci a una riflessione più ampia sul futuro del nostro Pianeta.
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Gli italiani vanno a vivere da soli in media a 29,9 anni: un dato impressionante se paragonato con la media dell’Unione europea di 26,5 anni e quella della Svezia di 17,8.
Ma perché i giovani non riescono facilmente a rendersi indipendenti?
La maggior parte dei neolaureati e degli under 35 ha spesso un salario troppo basso per un affitto, figuriamoci per un mutuo. Nelle principali città italiane il rapporto tra affitti e salari medi è impietoso, e questo pone un limite enorme alle possibilità di indipendenza di giovani ma anche non più così giovani: spesso risulta molto più semplice ed economicamente saggio rimanere a casa con i propri genitori per anni dopo la laurea.
Questa situazione complicata sta contribuendo a ritardare gli step importanti nella vita delle persone, diminuendo le opportunità sociali e lavorative e contribuendo al calo demografico del nostro Paese. Non aiuta nemmeno a contrastare la fuga di cervelli che piaga il nostro settore economico e accademico.
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Essere bocciati a un esame, prendere un voto basso, laurearsi fuoricorso e tutte quelle cose che ti fanno “sentire in ritardoâ€, non fanno di te una persona inutile.
Non sono degli stupidi numeri a qualificarti, e nemmeno i risultati che raggiungi, ma è quello che fai e soprattutto la passione che ci metti a dire chi sei veramente.
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Non fare come Ugo, usa il preservativo!
Oggi è la Giornata Mondiale Contro l'AIDS.
Usare il preservativo (sia quello maschile che quello femminile!) e testarsi regolarmente dovrebbero diventare un'abitudine comune, non solo venire ricordate in giornate come questa.
Prima si scopre di essere HIV positivi, prima si inizia la terapia, riducendo l'impatto e gli effetti collaterali dell'infezione sull'organismo.
Se non l'hai mai fatto, questo è il momento giusto per andare a testarti â¤ï¸
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Se non posti, non ti stai divertendo veramente.
I social ci spingono a confrontarci con gli altri ogni giorno: da un lato ci sentiamo quasi obbligati a mostrare una versione artefatta di noi stessi (la “versione migliore†di noi, chiaramente non autentica), dall’altro lato ci viene sbattuta in faccia la felicità altrui.
Anche se siamo consapevoli che i social non sono la realtà , è facile sentirsi insicuri.
Instagram, TikTok, Linkedin, sono diventati la lente attraverso la quale guardiamo il mondo. Dover essere sempre perfetti però è stancante, ma soprattutto non è sostenibile.
Ma perché sentiamo il bisogno di mostrarci perfetti sui social? Innanzitutto rispondiamo a un’esigenza della nostra società , ovvero quella di mostrarci sempre al massimo, forti e perfettamente integrati.
La noia, la tristezza e la solitudine non sono contemplate, o meglio, dobbiamo nasconderle il più possibile, altrimenti rischiamo di apparire diversi da come la società ci vuole.
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In Italia la situazione economica delle nuove generazioni è molto problematica: tra un mercato del lavoro sempre più instabile e il costo della vita che continua a salire, i cittadini che dovrebbero rappresentare il “futuro†del paese si ritrovano impoveriti rispetto alle generazioni precedenti, e allo stesso tempo vengono criticati perché non accettano condizioni di lavoro che non permettono loro di raggiungere l’autonomia economica e sociale.
Lasciare casa dei genitori, tra gli affitti in aumento e il costo della vita non proporzionato agli stipendi, è sempre più difficile, motivo per cui il 70% degli under 34 non può andare a vivere da solo. Chi lavora, nella metà dei casi ha un contratto a termine o part-time, e rischia comunque di trovarsi sotto alla soglia di povertà .
In questo scenario servono sempre di più politiche del lavoro serie e incentivi ad assumere giovani, in modo che anche loro abbiano opportunità lavorative eque e possano diventare economicamente i
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Quante volte abbiamo commentato il piatto di qualcuno?
Quante volte ci siamo sentiti in diritto di dovergli dire quanto, come e cosa mangiare?
Se il cibo è cultura e relazione è, allo stesso tempo, anche qualcosa di molto personale.
I commenti su corpo, cibo e peso spesso aprono porte dolorose per chi soffre di un Disturbo Alimentare o, in generale, per chi ha un rapporto complesso con il corpo e con l’alimentazione.
Il corpo non ci racconta tutto di una persona, così come poco o niente del suo stato di salute fisica, mentale e sociale.
I Disturbi Alimentari sono patologie psichiatriche che possono riguardare ogni tipo di corpo.
E se è vero che le parole hanno un peso, impariamo a sceglierle con cura e, magari, a stare in silenzio.
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“Bello, non vedevo l’ora di lavorare 15 ore al giorno per 500 euro al mese!â€
Molti giovani ormai hanno iniziato a rifiutare tutte quelle proposte di lavoro mal retribuite che richiedono sforzi enormi e un’ottima qualifica.
Per parecchi baby boomers però questo è un affronto perché "bisogna fare la famosa gavetta".
Dall'altra parte, la gavetta nel tempo ha perso il suo significato originario: dovrebbe indicare un percorso di crescita nel mondo del lavoro, invece ora è diventata una condizione di sfruttamento spesso permanente. Ed è pure giustificata, dicendo che tutti hanno sempre iniziato a lavorare così.
Ma davvero i nostri genitori venivano pagati quanto noi? In realtà , con il passare degli anni, è aumentato il divario salariale.
Per capirci: i trentenni degli anni ‘80 guadagnavano il 20% in meno dei loro colleghi con più di 50 anni, ma ora questo gap è cresciuto ancora di più e tra noi e le generazioni del passato la differenza è quasi del 40%.
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